Ultimo aggiornamento 15 Luglio 2020
Profondità di campo
La funzione del diaframma è quella di regolare la profondità di campo (PdC) , cioè la zona di nitidezza che precede e segue il soggetto focalizzato. Questa zona di nitidezza può essere immaginata come una serie infinita di “piani” verticali che divengono via via meno nitidi più si allontanano dal soggetto messo a fuoco.
In realtà, l’immagine è perfettamente nitida solo nel piano di focalizzazione e il fuoco di tale piano cade proprio in corrispondenza del piano pellicola. Il fuoco dei piani sfuocati va a cadere dietro o davanti al piano pellicola. Questi raggi sfuocati vengono riprodotti come cerchi di confusione, con diametro proporzionale alla distanza fra piano di focalizzazione e piano pellicola. Se questi punti sono numerosi domina la sfuocatura.
![](https://www.chrysis.net/wp-content/uploads/2019/12/cerchio_confusione_diaframma_aperto.gif)
Un punto focalizzato P creerà un’immagine I proprio sul piano pellicola (PP). I punti al di qua (P”) e al di là (P’) del punto a fuoco avranno il fuoco che va a cadere dietro e davanti al piano pellicola. Nella realtà si tratta di un fascio di raggi luminosi che vengono rifratti dalle lenti dell’obiettivo e convergono, cioè si focalizzano, a formare l’immagine. I raggi dei punti P’ e P”, che convergono a distanze diverse dal PP, descriveranno non singoli punti, ma circoli di punti: i cerchi di confusione.
I piani di messa a fuoco P’ e P”, per i quali il diametro del cerchio di confusione in I’ e in I” è ancora accettabile, definiscono i limiti della profondità di campo, cioè quell’intervallo in cui il soggetto risulta nitido. Il diametro dei cerchi di confusione è proporzionale all’entità della sfuocatura, quindi è proporzionale alla distanza dal piano pellicola. La nitidezza di un’immagine dipende quindi dal diametro dei cerchi di confusione.
0.026 mm è il limite ottico per il cerchio di confusione nel formato 24×36, in genere arrotondato a 0.03 mm. Al di sotto di questo limite l’occhio umano non distingue un cerchio da un punto; al di sopra, l’occhio inizia invece a percepire l’entità della sfuocatura. Il diametro-limite per un negativo 6×6 è il doppio, perché per ottenere un dato ingrandimento a partire dal negativo 6×6 saranno necessari meno passaggi che da un negativo 24×36.
Chiudendo il diaframma (d), il circolo di confusione diventa più piccolo. Lo stesso punto P, cioè, appare più a fuoco. Ma anche l’intero intervallo dei piani prima (P”) e dopo (P’) risulta più nitido e quindi si estende a piani molto vicini e piani molto lontani: la profondità di campo aumenta.
![](https://www.chrysis.net/wp-content/uploads/2019/12/cerchio_confusione_diaframma_chiuso.gif)
Negli modelli ottici di cui sopra abbiamo indicato i piani al di qua e al di là del piano focalizzato come simmetrici rispetto al piano focalizzato stesso. In realtà, il campo nitido è ripartito in modo non simmetrico: il campo nitido dietro il soggetto – detto anche Distanza Lontana – è circa doppio rispetto a quello davanti – detto Distanza Vicina.
Profondità di campo in macro
In macrofotografia, invece, per via dell’ingrandimento maggiore, la distribuzione del campo nitido rispetto al piano di messa a fuoco è pressoché simmetrica.
A parità di distanza di ripresa e di diaframma, la profondità di campo è inversamente proporzionale alla lunghezza focale (aumenta con i grandangolari, diminuisce con i teleobiettivi).
Inoltre, è direttamente proporzionale alla distanza di messa a fuoco.
In ogni caso, più piccolo è il “foro” del diaframma, maggiore sarà la profondità di campo.
La giusta profondità di campo
Non bisogna abusare della profondità di campo, che bisogna imparare a dosare tenendo conto delle numerose variabili in gioco:
- caratteristiche del soggetto
- caratteristiche dello sfondo
- distanza soggetto/sfondo
- lunghezza focale
- tipo di effetto che si vuole ottenere.
Ad esempio, con un teleobiettivo dobbiamo già subire l’effetto di compressione prospettica indotto dalla lunghezza focale: il soggetto viene schiacciato contro lo sfondo. Per ridurre il disturbo procurato dallo sfondo, utilizzeremo quindi diaframmi non troppo chiusi.
Nella documentazione scientifica o in fotografia naturalistica è necessario fornire all’osservatore quanta più informazione possibile, cioè i massimi dettagli sul soggetto. Nell’esempio che segue sono messi a confronto due scatti con diaframma aperto (f/5.6) e con diaframma più chiuso (f/11), che in questo caso è certamente preferibile:
![](https://www.chrysis.net/wp-content/uploads/2019/12/pdc1.jpg)
Nell’esempio che segue, invece, la profondità di campo migliore è quella minore, cioè quella corrispondente ad un diaframma molto aperto (f/2.8). Chiudendo il diaframma a f/14, infatti, si mettono a fuoco più dettagli, ma questi vanno a disturbare il soggetto principale, che risulta poco significativo e “confuso”:
![](https://www.chrysis.net/wp-content/uploads/2019/12/pdc2.jpg)
Resa dello sfuocato (o bokeh)
Le aree non a fuoco, quelle cioè contenute nei piani fuori fuoco, possono essere rese in diversi modi, ma anch’esse possono contribuire a migliorare un’immagine. La resa dello sfuocato indica appunto uno sforzo nel cercare di rendere lo sfuocato più artistico o gradevole.
La resa dello sfuocato dipende dal diaframma impostato, dalla lunghezza focale e dalle caratteristiche ottiche dell’obiettivo: ogni obiettivo ha una sua resa e gli effetti più artistici si ottengono generalmente con i teleobiettivi o con gli obiettivi macrofotografici.
La resa dello sfuocato è particolarmente critica e importante nella fotografia naturalistica o nel ritratto, in cui si cerca di “staccare” al massimo il soggetto dallo sfondo.
![](https://www.chrysis.net/wp-content/uploads/2019/12/bokeh.jpg)
Prospettiva
Ampia, stretta, dal basso, dall’alto, compressa. Sono tutti aggettivi che definiscono la prospettiva di una ripresa, cioè di come è stato reso un dato soggetto rispetto al mondo circostante.
La prospettiva è l’effetto visivo che determina quanto vicino o lontano appare lo sfondo dal soggetto, dice Canon nel suo libro EF Lens Work III. Se è così – ed è così – allora il fotografo ha moltissime possibilità di resa del soggetto. Ma questo significa che deve sapere controllare la prospettiva.
Minore è la lunghezza focale dell’obiettivo, ad es. con un grandangolo, maggiore è l’effetto visivo di allontanamento dello sfondo dal soggetto. Viceversa per i teleobiettivi, con i quali lo sfondo sembra comprimersi a ridosso del soggetto.
![](https://www.chrysis.net/wp-content/uploads/2019/12/Toronto.jpg)
Saper controllare la prospettiva consente, ad esempio, di far risaltare lo sfondo rispetto al soggetto, o, al contrario, il soggetto rispetto allo sfondo. Ecco perché è fondamentale la scelta dell’obiettivo in base all’effetto prospettico che si desidera realizzare.
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Per citazioni
Agnoli G.L. (2024) Manuale di Fotografia di Chrysis.net - Profondità di campo e prospettiva, in: Chrysis.net website. Interim version 27 July 2024, URL: https://www.chrysis.net/it/fotografia/manuale-di-fotografia/profondita-di-campo-e-prospettiva/.