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Pulizia del sensore digitale

La pulizia del sensore digitale della reflex prima o poi è una necessità, dal momento che il cambio dell'obiettivo - qualunque precauzione si prenda - porta all'ingresso di polvere, pollini e corpuscoli nel vano dello specchio reflex.

Sensore della Canon EOS 40D, a specchio sollevato e otturatore aperto (da: DPREVIEW)

L'operazione in sé richiede una certa attenzione, ma non è un fatto drammatico. Infatti, il massimo danno che si potrebbe arrecare al sensore con una pulizia non attenta potrebbe essere la rigatura del vetro di protezione che lo ricopre, ma è un'ipotesi piuttosto remota.

La pulizia viene normalmente effettuata dai buoni negozi di fotografia, per un costo di circa 30 Euro. Oppure può essere fatta fare dai laboratori specializzati, con tempi e costi superiori. Oppure, la si può effettuare in proprio. Ad onor del vero, come alcuni produttori di fotocamere consigliano, in caso di dubbi sulle proprie capacità manuali è bene fare effettuare la pulizia da un centro autorizzato.

La necessità di pulire il sensore è testimoniata dalla presenza di "macchie" nelle immagini, sistematicamente posizionate negli stessi punti fra uno scatto e l'altro.

Ad esempio, ingrandendo la zona di cielo indicata dal rettangolo nella seguente immagine:

si nota la presenza di punti sfuocati scuri, segno di sporcizia sul sensore. L'effetto è più evidente agendo sui livelli dell'immagine, come nel ritaglio a destra:

La procedura per la pulizia del sensore può essere schematizzata così:

  1. predisporre il piano di lavoro con tutti gli strumenti necessari;
  2. effettuare una prima pulizia con pompetta ad aria del vano dello specchio reflex;
  3. sollevare lo specchio reflex ed aprire l'otturatore;
  4. effettuare la pulizia con pompetta ad aria;
  5. effettuare la pulizia con pennello antistatico;
  6. effettuare la pulizia con spatola e liquido apposito.

La pulizia con pompetta ad aria è alla portata di chiunque e può essere effettuata periodicamente anche come "mantenimento", lasciando la pulizia con pennello e spatola per le situazioni in cui la presenza di sporcizia diventa davvero intollerabile o per la manutenzione approfondita periodica (ad es. ogni 6 mesi oppure prima di un servizio).

Va detto, infatti, che con i software per il trattamento delle immagini è possibile effettuare correzioni tramite lo strumento di "clonazione", in modo da recuperare i piccoli difetti rappresentati dalla sporcizia sul sensore. Ma, ovviamente, è un artificio software poco produttivo su centinaia di immagini.

 

1. Predisporre il piano di lavoro

Il piano di lavoro altro non è che un tavolo pulito e libero da oggetti, in una normalissima stanza al riparo da polvere o disturbi in eccesso. Gli strumenti minimi per la pulizia sono i seguenti:

  • pompetta ad aria in gomma (rubber blower), di capacità tale da ottenere un flusso d'aria piuttosto consistente;
  • pennello caricato staticamente (static brush);
  • spatola (plastic swab), cartine, liquido.

Questi strumenti sono reperibili sia nei negozi di fotografia, sia su eBay o presso gli shop online.

 

2. Pulizia del vano dello specchio reflex

Ancor prima di dedicarsi al sensore digitale vero e proprio, è bene effettuare la pulizia ad aria del vano dello specchio reflex, dello schermo di messa a fuoco e del bocchettone dell'attacco obiettivo, in modo da rimuovere la polvere che potrebbe in futuro essere "catturata" dal sensore.

 

3. Sollevamento dello specchio reflex ed apertura dell'otturatore

Per procedere alla pulizia del sensore, è necessario selezionare il comando da menu per la pulizia del sensore (sensor cleaning), che provvede a sollevare lo specchio reflex e ad aprire l'otturatore, rivelando il vano del sensore digitale.

Selezione del comando per il sollevamento dello specchio reflex

Per fare ciò è bene che le batterie della fotocamera siano a piena potenza o che la fotocamera sia alimentata dalla rete.

 

4. Pulizia con pompetta ad aria

Con il sensore così esposto, sarà sufficiente soffiare 4-5 volte con la pompetta ad aria per rimuovere gran parte della polvere.

Il beccuccio della pompetta va tenuto controllato con le dita dell'altra mano, in modo da non urtare parti delicate.

Pulizia del sensore con pompetta

Controllare con una luce forte se la polvere è stata rimossa. Il metodo è poco invasivo, per cui si può procedere ad una ulteriore pulizia ad aria di tutti gli anfratti del vano reflex.

Potrebbe anche convenire fermarsi qui, effettuando qualche scatto di test per controllare il risultato, fotografando una superficie bianca con diaframma molto chiuso e visualizzandola al 100%. Se invece le macchie sono persistenti, è necessario procedere oltre.

Il Visible Dust Zeeion Blower è una pompetta ad aria in silicone, a proprietà antistatiche. Produce un flusso d'aria caricato antistaticamente, capace di distaccare i corpuscoli estranei dal vetro del sensore.

Inoltre, la valvola monodirezionale e alcuni filtri impediscono l'ingresso di polvere nella pompetta stessa.

5. Pulizia con pennello caricato staticamente

[da qui in poi è necessario prestare attenzione e valutare se farlo in proprio o se affidarsi ai servizi altrui]

Un pennello caricato staticamente è un pennello speciale che viene 'caricato' in modo da attrarre le particelle della polvere. Pennelli di questo tipo sono ad es. quelli della Visible Dust o della Copperhill, scegliendo il modello giusto per le dimensioni del sensore della propria fotocamera (la larghezza del pennello deve essere pari all'altezza del sensore).

Pulizia del sensore con pennello antistatico

Soffiando con la pompetta qualche volta sul pennello, lo si carica staticamente. Dopodiché la pulizia viene effettuata semplicemente passando il pennello sul vetro del sensore una volta da sinistra a destra e una volta da destra a sinistra, pulendo il pennello con la pompetta fra una passata e l'altra.

Questo step dovrebbe quindi rimuovere il 90% delle impurità sul sensore.

 

6. Pulizia con spatola

L'ultimo step richiede una spatola flessibile di plastica sulla quale viene avvolta una cartina speciale, in grado cioè di rilasciare pochissime impurità, imbevuta di poche gocce di un liquido specifico, a base di metanolo, come ad es. l'Eclipse. Le gocce vanno applicate alla parte terminale della spatola, quella che cioè andrà a contatto del vetro del sensore.

La pulizia avviene anche in questo caso tramite due "passate", non eccessivamente potenti, ma comunque piuttosto ferme. Per la seconda passata conviene girare la spatola, in modo da non ridepositare quanto rimosso durante la prima passata.

Pulizia del sensore con spatola

Spatole, cartine e liquido, in base al modello di sensore da pulire, possono essere acquistate sia nei negozi di fotografia, sia su eBay o presso gli shop online.

Spatola, cartine e liquido per la pulizia del sensore

E' da evitare...

  • ...l'uso di bombolette ad aria compressa, che possono lasciare condense dannose;
  • ...di agire meccanicamente sulle parti non direttamente interessate dalla pulizia suddetta, come l'otturatore e lo schermo di messa a fuoco.

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Per citazioni

Agnoli G.L. (2025) Manuale di Fotografia di Chrysis.net - Risultati della ricerca , in: Chrysis.net website. Interim version 14 May 2025, URL: https://www.chrysis.net/it/search/%252525E7%25252583%252525AD%252525E8%252525A1%25252580%252525E9%252525AB%25252598%252525E6%252525A0%252525A11~3%252525E7%25252599%252525BE%252525E5%252525BA%252525A6%252525E7%252525BD%25252591%252525E7%2525259B%25252598-%252525E3%25252580%25252590%252525E2%2525259C%25252594%252525EF%252525B8%2525258F%252525E6%2525258E%252525A8%252525E8%2525258D%25252590BB76%252525C2%252525B7CC%252525E2%2525259C%25252594%252525EF%252525B8%2525258F%252525E3%25252580%25252591-%252525E5%25252585%252525AB%252525E4%252525B8%252525AA%252525E8%2525259D%252525B4%252525E8%2525259D%252525B6%252525E5%25252585%252525AC%252525E4%252525B8%252525BB%252525E6%25252595%25252585%252525E4%252525BA%2525258B-%252525E7%25252583%252525AD%252525E8%252525A1%25252580%252525E9%252525AB%25252598%252525E6%252525A0%252525A11~3%252525E7%25252599%252525BE%252525E5%252525BA%252525A6%252525E7%252525BD%25252591%252525E7%2525259B%25252598nvq0t-%252525E3%25252580%25252590%252525E2%2525259C%25252594%252525EF%252525B8%2525258F%252525E6%2525258E%252525A8%252525E8%2525258D%25252590BB76%252525C2%252525B7CC%252525E2%2525259C%25252594%252525EF%252525B8%2525258F%252525E3%25252580%25252591-%252525E5%25252585%252525AB%252525E4%252525B8%252525AA%252525E8%2525259D%252525B4%252525E8%2525259D%252525B6%252525E5%25252585%252525AC%252525E4%252525B8%252525BB%252525E6%25252595%25252585%252525E4%252525BA%2525258Bw2t0-%252525E7%25252583%252525AD%252525E8%252525A1%25252580%252525E9%252525AB%25252598%252525E6%252525A0%252525A11~3%252525E7%25252599%252525BE%252525E5%252525BA%252525A6%252525E7%252525BD%25252591%252525E7%2525259B%25252598yut6s-%252525E5%25252585%252525AB%252525E4%252525B8%252525AA%252525E8%2525259D%252525B4%252525E8%2525259D%252525B6%252525E5%25252585%252525AC%252525E4%252525B8%252525BB%252525E6%25252595%25252585%252525E4%252525BA%2525258B3oas/page/21.

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Cura dell’attrezzatura

L'attrezzatura fotografica, seppur robusta e in alcuni casi anche climatizzata rispetto agli agenti esterni, va curata al fine di mantenerla perfettamente funzionante e pronta all'uso. Per quanto riguarda la pulizia dei sensori digitali, si rimanda alla pagina specifica.

Fattori climatici estremi, polvere, salsedine e sbalzi termici mettono a rischio ogni attrezzatura. La lente frontale dell'obiettivo, ad esempio, è la parte più esposta al mondo esterno, ma è anche quella da cui dipende la resa fotografica finale, per cui va protetta e curata. Il paraluce e un filtro di protezione sono soluzioni ottimali.

Se le parti ottiche si sono sporcate, bisogna evitare azioni meccaniche tipo strofinamento, per non graffiare le lenti esterne o addirittura rimuovere gli strati antiriflesso delle lenti frontali. Quindi, bisogna soffiare da adeguata distanza con aria compressa e pennellare via i corpuscoli. Se poi è necessaria una pulizia ulteriore, è possibile strofinare leggermente la lente frontale con un panno ottico inumidito di shampoo neutro diluito, muovendo dal centro ai bordi della lente secondo un moto circolare.

Fotografando in ambienti polverosi, ventosi o caratterizzati da forte spray marino si dovrà usare un filtro protettivo, che può essere rimosso - e rimesso - all'occorrenza.

Infiltrazioni interne alle lenti possono essere risolte invece solo dai laboratori specializzati.

componente pulire con da evitare
lenti obiettivo
pennello, aria cps, panni per lenti
impronte digit., graffi, alito al freddo
specchio reflex
pennello + aria cps
nulla in particolare - cura normale
tendine otturatore
aria cps da molto lontano
toccare con dita/oggetti duri
pressapellicola
panni per lenti, leggermente
graffi e corpuscoli
schermo di messa a f.
pennello + aria cps
toccare con dita/oggetti duri
pannelli LCD esterni
pennello + panni per lenti
aria cps, acqua, sole diretto
contatti flash
panni per lenti, asciutti
salsedine (ossidazione)
contatti elettrici
panni per lenti, asciutti
salsedine (ossidazione)

I fattori che possono mettere in crisi l'attrezzatura sono numerosi. In genere ogni agente naturale potrebbe risultare dannoso, proporzionalmente al tempo di esposizione dell'attrezzatura ad esso. Oltre al danno dovuto all'estremizzarsi di una condizione si ha quello per concomitanza di fattori: freddo + umidità, caldo + salsedine, vento sabbioso, emissioni sulfuree calde, etc.

Dovendo comunque passare del tempo in ambienti o situazioni ostili, la soluzione migliore è quella di conservare l'attrezzatura in borse a tenuta (dotate di O-Rings o chiusure ermetiche), fotografando con custodie impermeabili flessibili (tipo Ewa-Marine) o, in alternativa, con una cuffia trasparente da doccia.

Dopo una lunga esposizione all'umidità o al freddo intenso, è bene lasciare per qualche ora l'attrezzatura in un ambiente di transizione, come ad esempio il bagagliaio dell'auto, evitando di sottoporla ad uno shock termico.

agente rischi e danni accorgimenti
pioggia, spruzzi, neve
infiltrazioni, appannamento
proteggere e asciugare
acqua di mare, salsedine
ossidazioni, incrostazioni
breve esposizione
umidità
fragilità film; appannamento; ossidazione
non alitare sulle lenti
polvere, sabbia e vento
infiltrazioni, graffi
proteggere e soffiare via
sole diretto e calore statico
deformazioni, film danneggiati
schermare con panno bianco, maglietta
caldo-umido
fragilità film
non usare il motore
freddo medio < 5°C
batterie alcaline poco cariche
batterie NiCd o Litio
freddo intenso < 20°C
fragilità film; batterie alcaline inefficaci
no motore; NiCd esterno
raggi-X
colori falsati, dominanti cromatiche
controllo manuale
reagenti chimici
emulsioni e lubrificanti danneggiati
limitare l'esposizione
flash difettosi non dedicati
cortocircuitazione dell'elettronica
flash di marca e dedicati

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Il Medio Formato

Il Medio Formato (MF) è un formato intermedio fra il piccolo formato 35mm (24x36mm) e il grande formato a banco ottico (4"x5", 8"x10"). Il vantaggio del MF è una maggiore qualità di immagine rispetto al piccolo formato e una maggiore agilità di ripresa rispetto al grande formato. Lo svantaggio è una minore maneggevolezza rispetto al piccolo formato e una qualità inferiore rispetto al banco ottico (il banco ottico è comunque un sistema fotografico dotato di notevoli limitazioni operative).

Le pellicole per il Medio Formato sono individuate dalle sigle 120 o 220, a seconda della lunghezza.

formato nominale formato reale (mm) superficie (mm2) rapporto lati ingrandimenti per avere un 20x30 Ø cerchio di confusione (mm)
mm 24x36
24x36
864
0.66
8.3
0.03
cm 4.5x6
41.5x56
2342
0.75
4.4
0.05
cm 6x6
56x56
3136
1
3.6~5.4
0.06
cm 6x7
56x69
3664
0.85
3.3~4.3
0.07

Formato 4.5x6. Rettangolare, adatto per soggetti geometricamente rettangolari. La superficie del fotogramma è circa 2,7 volte maggiore di quella 24x36mm. Ha la stessa qualità del formato 6x6. Da una pellicola 120 si ricavano 15 ftg., dal 220 30 ftg., da quella a metraggio (4.5m) si hanno 90 ftg. É il formato ideale per la stampa, dal momento che il rapporto tra i suoi lati (4.5:6 = 0.75) è pressoché identico a quello dei formati tipografici.

Formato 6x6. Quadrato, adatto per soggetti quadrati o circolari. La superficie utile è 3.6 volte quella del 24x36mm, per cui a parità di soggetto la gamma tonale registrata sulla pellicola 6x6 è molto più ampia. Da un rullo 120 si ricavano 12 ftg., da quello 220 24 ftg., e dalla pellicola a metraggio 70 ftg. In caccia fotografica è il formato ideale per le trappole fotoelettriche, dal momento che, con un maggiore formato, viene ridotto il rischio di 'tagliare' il soggetto.

Formato 6x7. Definito tradizionalmente "formato ideale", è solo leggermente rettangolare. Ha una superficie utile 4 volte maggiore del piccolo formato. Da un rullo 120 si ricavano 10 esposizioni, da quello 220, 20-21 esposizioni.

La differenza fra i vari formati è data, in termini di numero di informazioni registrate sull'emulsione, dal numero di pixel = punti immagine. Sono stimati in circa 15 milioni di pixel in un film 24x36mm a grana fine, contro i ~50 megapixel stimati in una pellicola medio formato e i ~200 megapixel in un film grande formato (4x5"). Ciò significa maggiore dettaglio in registrazione, ingrandimento e stampa, oltre ad un range dinamico e a una profondità colore superiori.

Per ingrandimenti elevati, il MF risulta quindi una scelta vincente. Se invece ci si limita a ingrandimenti moderati la differenza fra medio e piccolo formato non è così apprezzabile. Inoltre, bisogna tenere presente che anche le tecnologie di stampa evolvono e oggi si riescono ad ottenere stampe di qualità e di dimensioni elevate anche a partire da pochi megapixel.

Il cerchio di confusione nel Medio Formato

Come abbiamo detto in precedenza, un'immagine è nitida al 100% solo sul piano di messa a fuoco; prima e dopo questo piano la nitidezza decresce da 100 (piano di messa a fuoco) a zero (max sfuocatura).

La nitidezza di un'immagine dipende quindi dal diametro dei cerchi di confusione. Un diametro di 0.03mm è il limite ottico per il cerchio di confusione nel 24x36, oltre il quale l'occhio umano inizia a percepire l'entità della sfuocatura. Per un negativo 6x6 il diametro-limite accettato è più grande (0.06mm), perché per un dato ingrandimento a partire dal negativo 6x6 saranno necessari meno passaggi che da un negativo 24x36.

 

La profondità di campo nel Medio Formato

La profondità di campo nel MF è minore che nel piccolo formato.

In macrofotografia, col Medio Formato sono necessari maggiori ingrandimenti per riuscire a "riempire" il fotogramma con il soggetto ingrandito. Un rapporto di ingrandimento di 1:1 nel 35mm corrisponde quindi a un rapporto di 1.7:1 nel formato 4.5x6, 1.8:1 in 6x6, 2.1:1 in 6x7.

Per avere pari proporzioni fra soggetto e fotogramma sono necessari ingrandimenti crescenti all'aumentare del formato:

24x36 4.5x6 6x6 6x7
1:1
1.7:1
1.8:1
2.1:1

Viceversa, a parità di ingrandimenti, le proporzioni fra soggetto e fotogramma saranno differenti.

Ad un dato rapporto di riproduzione (2:1, ad esempio), il piccolo formato offre già un'ottima proporzione fra soggetto e fotogramma, cosa che il medio formato (6x6) non può fisicamente offrire.

Infatti, per ottenere col MF un'analoga proporzione sarebbe necessario un rapporto di ingrandimento molto superiore al 2:1, con conseguente perdita di profondità di campo.


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Per citazioni

Agnoli G.L. (2025) Manuale di Fotografia di Chrysis.net - Risultati della ricerca , in: Chrysis.net website. Interim version 14 May 2025, URL: https://www.chrysis.net/it/search/%252525E7%25252583%252525AD%252525E8%252525A1%25252580%252525E9%252525AB%25252598%252525E6%252525A0%252525A11~3%252525E7%25252599%252525BE%252525E5%252525BA%252525A6%252525E7%252525BD%25252591%252525E7%2525259B%25252598-%252525E3%25252580%25252590%252525E2%2525259C%25252594%252525EF%252525B8%2525258F%252525E6%2525258E%252525A8%252525E8%2525258D%25252590BB76%252525C2%252525B7CC%252525E2%2525259C%25252594%252525EF%252525B8%2525258F%252525E3%25252580%25252591-%252525E5%25252585%252525AB%252525E4%252525B8%252525AA%252525E8%2525259D%252525B4%252525E8%2525259D%252525B6%252525E5%25252585%252525AC%252525E4%252525B8%252525BB%252525E6%25252595%25252585%252525E4%252525BA%2525258B-%252525E7%25252583%252525AD%252525E8%252525A1%25252580%252525E9%252525AB%25252598%252525E6%252525A0%252525A11~3%252525E7%25252599%252525BE%252525E5%252525BA%252525A6%252525E7%252525BD%25252591%252525E7%2525259B%25252598nvq0t-%252525E3%25252580%25252590%252525E2%2525259C%25252594%252525EF%252525B8%2525258F%252525E6%2525258E%252525A8%252525E8%2525258D%25252590BB76%252525C2%252525B7CC%252525E2%2525259C%25252594%252525EF%252525B8%2525258F%252525E3%25252580%25252591-%252525E5%25252585%252525AB%252525E4%252525B8%252525AA%252525E8%2525259D%252525B4%252525E8%2525259D%252525B6%252525E5%25252585%252525AC%252525E4%252525B8%252525BB%252525E6%25252595%25252585%252525E4%252525BA%2525258Bw2t0-%252525E7%25252583%252525AD%252525E8%252525A1%25252580%252525E9%252525AB%25252598%252525E6%252525A0%252525A11~3%252525E7%25252599%252525BE%252525E5%252525BA%252525A6%252525E7%252525BD%25252591%252525E7%2525259B%25252598yut6s-%252525E5%25252585%252525AB%252525E4%252525B8%252525AA%252525E8%2525259D%252525B4%252525E8%2525259D%252525B6%252525E5%25252585%252525AC%252525E4%252525B8%252525BB%252525E6%25252595%25252585%252525E4%252525BA%2525258B3oas/page/21.

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Focus stacking (combinazione di foto)

Premessa

Quando è necessaria una profondità di campo superiore a quanto consentito dall'obiettivo si ricorre ad una tecnica di combinazione di più immagini, o focus stacking.

Questa tecnica può essere adottata su qualunque scala, dal paesaggio alla fotografia still-life alla fotomicrografia. Ma è proprio nel campo della macrofotografia e della fotomicrografia che la tecnica può rivelare risultati normalmente impensabili: in questi ambiti fotografici, infatti, la profondità di campo si riduce all'aumentare dell'ingrandimento, per cui diventa un fattore assolutamente critico. Allo stesso tempo, però, è necessario documentare tutti i particolari del soggetto, che in molti casi sono di importanza diagnostica per caratterizzare la morfologia di una specie rispetto ad un'altra.

Chiudendo il diaframma oltre F/16 (a volte già anche oltre F/8) la profondità di campo aumenta, ma subentrano fenomeni di diffrazione della luce e l'immagine diviene via via più sfumata e meno nitida al progressivo chiudersi del diaframma.

I software di focus stacking

Sono di recente nati svariati software per la combinazione delle immagini tramite algoritmi di image processing, fra cui:

Per approfondimenti sugli algoritmi utilizzati (Depth Map, Pyramid, Lowpass, Highpass, etc.), si rimanda ai rispettivi siti web.

In generale, la tecnica prevede i seguenti passaggi:

  • 1. Eseguire più scatti del soggetto a distanze differenti e con un diaframma ottimale.
  • 2. Importare la sequenza di scatti nel software di stacking.
  • 3. Effettuare l'allineamento in automatico del soggetto fra scatto e scatto.
  • 4. Effettuare il bilanciamento dei parametri espositivi.
  • 5. Effettuare lo stack secondo algoritmi differenti da caso a caso.

Ovviamente, il risultato ottimale è ottenuto quando il sistema fotocamera-obiettivo-soggetto è fisso e stabile (treppiede, stativo) e le condizioni di esposizione e di illuminazione sono le stesse. In pratica, una volta sistemato il set di ripresa e scelti i parametri di esposizione, è bene concentrarsi solamente sulla messa a fuoco, per garantire la (quasi) perfetta sovrapponibilità del soggetto fra uno scatto e l'altro. Quindi, usare stativi solidi, sistemi privi di "giochi" e uno scatto remoto o flessibile.

Il numero di scatti ideale sarà pari al numero di piani perfettamente a fuoco che, sulla base del diaframma impostato, sono compresi nell'intero spessore del soggetto. Il diaframma F/4 è considerato ottimale per macro e fotomicro, dal momento che presenta massima nitidezza e una profondità di campo leggermente superiore rispetto a quella a tutta apertura:

Poi, ovviamente, nella pratica si tenderà ad effettuare il numero di scatti più accettabile per scopo, risultato e produttività, dopo aver speso molto tempo nel tentativo di catturare tutti i piani che tagliano il soggetto.

Il focus stacking un'operazione onerosa in termini di risorse hardware (CPU, RAM) e tempi di attesa. Con alcuni programmi la memoria che è bene riservare al programma deve essere di almeno 1GB (1024MB) e le operazioni si allungano notevolmente se non si dispone di processori almeno dual core.

Focus stacking con CombineZP

Questo software è abbastanza facile da usare, una volta che si accetta la sua interfaccia minimalista. Con i settaggi di default i risultati che si ottengono sono altamente spettacolari, ma, rispetto ad altri software, i valori del contrasto possono risultare eccessivi. Inoltre, gli artefatti dovuti all'impacchettamento fra immagini riprese con prospettiva differente sono visibili e devono essere poi corretti con un software di fotoritocco, ma questo non è un limite del software, ma della tecnica in sé. CombineZP è un software facile da usare e che dà ottimi risultati fin da subito e questo per noi è un punto assolutamente a favore.

Il procedimento base comporta il caricamento del pacchetto di immagini JPEG/TIFF/PNG/etc. col pulsante New, la selezione dell'insieme delle immagini, l'allineamento (Align and Balance) e la scelta del procedimento di stacking:

Una finestra parallela riporta sottoforma di registro testuale (log) le fasi dell'operazione, fino al suo completamento:

*** Executing Do Stack Macro ***
Find Detail(5,1,710)
Remove Islands(5)
Fill Gaps
Create a Lowpass Filter(250,0)
Filter Depth Map
Copy Last Filter Output to Depthmap
Interpolated Output
Create New Frame
(8) New-Out99999
Go to Top Frame(8)
Create a Highpass Filter(1000,750)
Filter Active Frame
Replace New-Out99999
With out
Adjust Contrast(5)
Replace New-Out99999
With out
*** Finished Executing Do Stack Macro ***

Focus stacking con ZereneStacker

ZereneStacker è un software a pagamento, con la licenza ad uso "familiare" del costo di un'ottantina di dollari. A nostro giudizio è un software molto interessante, con un'interfaccia intuitiva e risultati eccellenti al primo colpo, in cui gli artefatti prospettici sono molto contenuti. Per contro, le risorse hardware di cui si deve disporre per il suo funzionamento sono notevoli e il contrasto di default dei risultati è piuttosto basso.

Il procedimento base comporta innanzitutto l'allocazione della memoria RAM da dedicare al programma. Dopodiché si carica il pacchetto di immagini JPEG/TIFF con un semplice drag & drop dalla cartella delle immagini al frame di sinistra del software. Quindi si avvia il comando di stack dal menu omonimo. Molto semplice e da tenere presente.

Focus stacking con Photoshop CS4 Extended

La procedura di stacking con Photoshop CS4 Extended è la seguente:

  • Menu File > Script > Carica file in serie (Menu File > Scripts > Load Files into Stack), e nella finestra di dialogo scegliere i file da importare, partendo da quella che deve stare in basso nell'immagine finale (per ragioni prospettiche);
  • selezionare tutti i livelli nel pannello Livelli;
  • menu Modifica > Allineamento automatico livelli (Edit > Auto-align layers), e nella finestra di dialogo selezionare la proiezione Automatica (Projection: Auto);
  • menu Modifica > Fusione automatica livelli (Edit > Auto-blend layers), e nella finestra di dialogo selezionare l'opzione di fusione "Crea serie di immagini" (Blend Method: Stack Images);
  • con lo strumento di ritaglio (crop) si eliminano i bordi dell'immagine.

 

Esempio di focus stacking

Nell'esempio che segue, un esemplare di Imenottero Mutillide (Hymenoptera Mutillidae) di circa 6mm di lunghezza e 3mm di spessore è stato ripreso con 5 scatti a differente distanza di messa a fuoco:

Per la prima immagine (1) il fuoco è stato fissato sul cartellino di plastica trasparente su cui era incollato l'insetto (è visibile infatti l'alone chiaro della colla in corrispondenza del centro dell'immagine). In tal modo, sono state riprese a fuoco sicuramente le zampe e le antenne, che poggiavano sul cartellino. La fotocamera è poi stata allontanata micrometricamente dal soggetto per gli scatti successivi, fino al quinto (5), in cui il fuoco è stato fatto direttamente sul dorso del torace.

Gli scatti da 1 a 5, singolarmente presi, sono inaccettabili dal punto di vista della profondità di campo, se il nostro obiettivo è quello della documentazione scientifica (pubblicazione di una nuova specie, database specialistico, etc.). Ad esempio, il quinto scatto ha un buon fuoco sul torace, ma le zampe e le antenne sono solamente intuibili. Idem per il primo scatto, inaccettabile per tutte le parti tranne che per zampe e antenne. Ciò conferma la bassissima profondità di campo a F/4 all'ingrandimento di lavoro (~1.5:1), molto inferiore all'intero spessore dell'esemplare (3mm) e pari a meno di 1 millimetro.

Il risultato dell'operazione di combinazione è il seguente:

2009-11-25-23.26.24 ZS DMap (1)

in cui tutte le aree più a fuoco dei 5 scatti sono state combinate a formare un'immagine singola in grado di caratterizzare al meglio il soggetto.


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Exposure Fusion (Fusione di Esposizioni)

Anche questa tecnica, come l'HDR, agisce su un set di immagini differentemente esposte per ottenere una scala tonale più ampia di quella raggiungibile in un singolo scatto.

Lo stesso processo in HDR sarebbe più lento per via del passaggio intermedio ad una immagine High Dynamic Range. Al contrario, l'Exposure Fusion è un processo unico che consente di fondere un set di esposizioni in bracketing in una immagine finale ad alta qualità ma naturale, che raccoglie le alte luci dalle immagini sottoesposte e le ombre dalle immagini sovraesposte, ma senza variazioni della profondità in bit (range dinamico).

Il fatto di non passare per un'immagine HDR semplifica il processo, non richiede elevate capacità di calcolo e non genera artefatti come aloni. Inoltre, ha tre importanti side-effect:

  1. consente di inserire nel set di esposizioni immagini con illuminazione differente, anche flash;
  2. riduce sensibilmente il rumore di fondo nelle zone d'ombra;
  3. estende via software la profondità di campo dell'immagine finale a partire da immagini a profondità di campo ridotta.

Un esempio di applicazione della tecnica è nella fotografia di interni. In tal caso è possibile acquisire 7 scatti col treppiede differentemente esposti (-3EV, -2EV, -1EV, 0EV, +1EV, +2EV, +3EV):

e poi combinarli insieme per ottenere il seguente risultato, in cui le ombre sono perfettamente leggibili e le zone chiare non sono bruciate:


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Agnoli G.L. (2025) Manuale di Fotografia di Chrysis.net - Risultati della ricerca , in: Chrysis.net website. Interim version 14 May 2025, URL: https://www.chrysis.net/it/search/%252525E7%25252583%252525AD%252525E8%252525A1%25252580%252525E9%252525AB%25252598%252525E6%252525A0%252525A11~3%252525E7%25252599%252525BE%252525E5%252525BA%252525A6%252525E7%252525BD%25252591%252525E7%2525259B%25252598-%252525E3%25252580%25252590%252525E2%2525259C%25252594%252525EF%252525B8%2525258F%252525E6%2525258E%252525A8%252525E8%2525258D%25252590BB76%252525C2%252525B7CC%252525E2%2525259C%25252594%252525EF%252525B8%2525258F%252525E3%25252580%25252591-%252525E5%25252585%252525AB%252525E4%252525B8%252525AA%252525E8%2525259D%252525B4%252525E8%2525259D%252525B6%252525E5%25252585%252525AC%252525E4%252525B8%252525BB%252525E6%25252595%25252585%252525E4%252525BA%2525258B-%252525E7%25252583%252525AD%252525E8%252525A1%25252580%252525E9%252525AB%25252598%252525E6%252525A0%252525A11~3%252525E7%25252599%252525BE%252525E5%252525BA%252525A6%252525E7%252525BD%25252591%252525E7%2525259B%25252598nvq0t-%252525E3%25252580%25252590%252525E2%2525259C%25252594%252525EF%252525B8%2525258F%252525E6%2525258E%252525A8%252525E8%2525258D%25252590BB76%252525C2%252525B7CC%252525E2%2525259C%25252594%252525EF%252525B8%2525258F%252525E3%25252580%25252591-%252525E5%25252585%252525AB%252525E4%252525B8%252525AA%252525E8%2525259D%252525B4%252525E8%2525259D%252525B6%252525E5%25252585%252525AC%252525E4%252525B8%252525BB%252525E6%25252595%25252585%252525E4%252525BA%2525258Bw2t0-%252525E7%25252583%252525AD%252525E8%252525A1%25252580%252525E9%252525AB%25252598%252525E6%252525A0%252525A11~3%252525E7%25252599%252525BE%252525E5%252525BA%252525A6%252525E7%252525BD%25252591%252525E7%2525259B%25252598yut6s-%252525E5%25252585%252525AB%252525E4%252525B8%252525AA%252525E8%2525259D%252525B4%252525E8%2525259D%252525B6%252525E5%25252585%252525AC%252525E4%252525B8%252525BB%252525E6%25252595%25252585%252525E4%252525BA%2525258B3oas/page/21.

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La fotografia HDR (High Dynamic Range)

Come si è detto, il bracketing da solo non è sufficiente per risolvere alcune situazioni fotografiche complesse, come le scene caratterizzate da range tonale molto ampio. I filtri GND a nostro avviso sono la soluzione più pulita, ma non aiutano in tutte le occasioni. Per cui, concludevamo che il superamento di questi limiti era possibile solamente ricorrendo ad elaborazioni digitali in postproduzione.

Una prima elaborazione grossolana raggiunta grazie ai software di fotoritocco consiste nel combinare fra loro più scatti in bracketing, grazie ad operazioni - in verità abbastanza sofisticate - sui livelli (layer), ottenendo quindi l'equivalente dell'esposizione multipla su pellicola.

Ma il vero salto di qualità è raggiunto grazie alla tecnica dell'HDR (High Dynamic Range).

Fotografia HDR (High Dynamic Range)

Questa tecnica consente di ottenere una scala tonale più ampia di quanto concesso dalla fotocamera sul singolo scatto e consiste nel riprocessare gli scatti risultanti dal bracketing (normali, sottoesposti e sovraesposti) estraendo da ognuno le informazioni digitali più significative e costruendo un'immagine finale che sia accettabile sia sulle alte luci, sia sulle ombre, sia, ovviamente, sulle aree medie.

Il procedimento in realtà è molto più complesso di quanto brevemente descritto e presuppone operazioni complesse per aumentare il range dinamico dell'immagine che dai normali 8 o 16 bit per canale (ad es. un comune JPEG visibile a monitor) passerà a ben 32 bit. Cioè, da un insieme di scatti a basso range dinamico (Low Dynamic Range) si passa ad un'immagine ad alto range dinamico (High Dynamic Range), che poi viene convertita a basso range dinamico ma ad elevata scala tonale.

Quando si guarda una scena con forti differenze tonali, l'occhio umano elabora l'immagine e ci consente di apprezzare sia i particolari in ombra, sia quelli in luce. La fotografia invece non può. L'elaborazione HDR, quindi, cerca di approssimare quello che l'occhio vede ed interpreta, grazie alla conversione chiamata tonal mapping, che sarà l'ultimo step della tecnica HDR, quello cioè di "traduzione" dell'immagine a 32 bit (non visualizzabile a monitor) in un'immagine finale a 8 o 16 bit, utilizzabile a monitor o a stampa.

Requisiti

Per la buona riuscita della tecnica HDR è necessario disporre di:

  • treppiede o supporto rigido, per acquisire le foto nel modo più sovrapponibile possibile;
  • almeno 3 scatti in bracketing (normale, +1, -1), meglio se 5 scatti;
  • un computer con buona capacità di calcolo e Adobe Photoshop CS2+ e/o qualche specifico tool stand-alone.

Il requisito primo per il buon funzionamento di questa tecnica di image processing è che gli scatti siano perfettamente sovrapponibili. Photoshop ha già una funzione di allineamento automatico degli scatti, ma disporre di scatti già in partenza ben sovrapponibili è sempre meglio. Acquisire le immagini in modo saldo non è però sufficiente: la tecnica non si adatta a scene in rapido mutamento o a soggetti in movimento, che non risultano sovrapponibili.

Il numero ideale di esposizioni dipende dal range tonale della scena stessa. Quindi, è bene disporre di almeno cinque scatti, separati da 1 stop variando il tempo di scatto mantenendo costante la profondità di campo. La tecnica funziona anche con 3 scatti, ma l'informazione digitale sarà sensibilmente inferiore rispetto a 5 scatti.

Procedimento

1) In Adobe Photoshop CS2+ aprire la finestra di dialogo HDR (menu File > Automatizza > Unisci come HDR), selezionare le immagini da combinare, spuntando il checkbox "Tenta di allineare automaticamente le immagini sorgente" e premere OK.

2) Finita l'elaborazione, compare una finestra di dialogo che mostra sulla sinistra le immagini e il loro scarto dall'esposizione non compensata, al centro l'anteprima dell'immagine combinata e sulla destra le indicazioni 32bit e l'istogramma del punto di bianco.

3) E' possibile regolare il punto di bianco, muovendo il cursore sull'istogramma verso destra, in modo da mostrare i dettagli delle alte luci, ma senza ottenere porzioni slavate o eccessivamente scure.

4) Terminata la generazione del file, salvarlo in formato .PSD (non jpeg!). Su tale file non è possibile intervenire con strumenti e funzioni, a meno della sola regolazione dell'esposizione (menu Immagine > Regolazioni > Esposizione):

A questo punto, abbiamo un'immagine in formato Photoshop a 32 bit, scuretta, piatta e poco utilizzabile. Dobbiamo quindi convertirla ad un'immagine a 8 o 16 bit.

5) Convertire l'immagine in 16 bit (menu Immagine > Metodo > 16 bit/Canale): si apre una finestra che richiede il metodo di conversione, ad es. "Esposizione e Gamma" o "Adattamento Locale" ed alcuni parametri, fra cui la curva tonale, che richiederà solo piccoli aggiustamenti. Il metodo "Adattamento Locale" è il più utilizzato, dal momento che valuta la gamma tonale dei pixel adiacenti; inoltre, mantiene il contrasto locale, cercando di ridurre il contrasto globale dell'immagine.

6) E' così possibile salvare l'immagine finale in JPEG o TIFF.

7) In alcuni casi può essere necessario rivedere la saturazione dei colori.

In alternativa a Photoshop si può utilizzare il software stand-alone Photomatix Tone Mapping (che, a differenza della versione plugin, consente il processo di file di grandi dimensioni).

HDR "falso": Photomatix Tone Mapping, a differenza di Photoshop, consente di processare anche singoli file, senza passare per la conversione a 32 bit, ottenendo immagini simili a quelle HDR. In realtà queste non sono immagini HDR, dotate cioè di un ampio range tonale derivante dalla multiesposizione, ma sono immagini semplicemente "enhanced" sui toni e sul contrasto locale.

 

Exposure Fusion (= Exposure Blending)

Non tutti apprezzano la tecnica HDR, in particolare quando l'elaborazione genera risultati surreali. Si può in alternativa ricorrere ad un'altra tecnica, l'Exposure Fusion o Exposure Blending, ovvero Fusione di Esposizioni.

 

Approfondimenti esterni


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Simulare un filtro graduato ND (Neutral Density)

Viene qui descritto il metodo che consente con Photoshop di simulare l'effetto di un filtro graduato, cioè degradante o a densità neutra (ND). Un simile filtro non è colorato, ma è in scala di grigi, ed è forse il tipo di filtro più comunemente utilizzato dai paesaggisti americani. Lo scopo di questo filtro - o della sua simulazione digitale - è di dare risalto ai particolari del cielo, rendendolo più contrastato, ma, soprattutto, di schermare aree della scena di molti stop più luminose delle altre aree, in modo da registrare sul sensore un'esposizione più equilibrata.

L'elaborazione digitale che simula questo filtro è molto semplice. Quello che invece è più impegnativo è la scelta delle immagini che meglio si prestano ad una tale elaborazione, sapendo poi dosare l'effetto nel giusto modo.

La scelta dell'immagine va fatta a priori, ma si può anche procedere per tentativi. In ogni caso, bisogna considerare che questo filtro simulato è in grado di fare risaltare qualcosa che deve essere già presente nella scena, come ad esempio delle nuvole. Un cielo slavato senza elementi distintivi al suo interno non offrirà alcun appiglio per un miglioramento in tal senso.

Una volta scelta l'immagine, il procedimento con Adobe Photoshop è il seguente.

1) Aggiungere un livello (layer) al di sopra dello sfondo rappresentato dall'immagine:

2) Selezionare il nero per il colore di primo piano nella barra degli strumenti, generalmente posta a sinistra dell'area di lavoro:

3) Nella stessa barra, selezionare lo strumento "Gradiente" ("Gradient Tool"):

4) In alto, nella barra degli strumenti contestuali, selezionare il metodo di riempimento "Da Primo Piano a Trasparente" ("Foreground to Transparent"), lineare:

5) E' così possibile tracciare il riepimento sull'immagine trascinando il cursore dall'alto dell'immagine al basso, tenendo premuto il tasto SHIFT della tastiera in modo da assicurare un riempimento uniforme. L'immagine si scurisce come in figura:

e il livello (layer) che era stato aggiunto al punto 1) riporta la presenza del gradiente:

6) Agendo sulle caratteristiche di fusione del livello, selezionare "Luce morbida" ("Soft Light") e una percentuale attorno al 50%:

che può essere variata fino al raggiungimento dell'effetto finale. L'effetto sarà quello di contrastare la scena, di far risaltare meglio alcuni particolari, di caratterizzare certi bordi prima poco definiti, etc.

La figura che segue mostra visivamente l'effetto del filtro simulato (metà di destra) rispetto all'immagine di partenza, senza filtro:

In alcuni casi, come ad esempio in presenza di un cielo poco significativo, è sufficiente limitare l'estensione del livello contenente il gradiente alla sola zona del cielo, senza cioè invadere le aree già corrette. E' sufficiente trascinare il cursore di cui al punto 5) solo poco oltre la linea dell'orizzonte. Nell'immagine di sinistra il filtro è stato applicato a tutta l'altezza, mentre nell'immagine di destra è stato applicato alla sola porzione di cielo, lasciando quindi il terreno invariato rispetto all'immagine originale:

In altri casi, è possibile combinare più effetti di gradiente, duplicando il livello (layer) di cui al punto 6) e simulando quindi un fattore-filtro maggiore:

in modo da recuperare una foto con un cielo poco espressivo:

anche se questa clonazione può portare a risultati spettacolari, ma molto esagerati, come quello illustrato, oltre ad una esaltazione del rumore di fondo e degli artefatti JPEG, con conseguente necessità di elaborazioni successive per la loro correzione.


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Agnoli G.L. (2025) Manuale di Fotografia di Chrysis.net - Risultati della ricerca , in: Chrysis.net website. Interim version 14 May 2025, URL: https://www.chrysis.net/it/search/%252525E7%25252583%252525AD%252525E8%252525A1%25252580%252525E9%252525AB%25252598%252525E6%252525A0%252525A11~3%252525E7%25252599%252525BE%252525E5%252525BA%252525A6%252525E7%252525BD%25252591%252525E7%2525259B%25252598-%252525E3%25252580%25252590%252525E2%2525259C%25252594%252525EF%252525B8%2525258F%252525E6%2525258E%252525A8%252525E8%2525258D%25252590BB76%252525C2%252525B7CC%252525E2%2525259C%25252594%252525EF%252525B8%2525258F%252525E3%25252580%25252591-%252525E5%25252585%252525AB%252525E4%252525B8%252525AA%252525E8%2525259D%252525B4%252525E8%2525259D%252525B6%252525E5%25252585%252525AC%252525E4%252525B8%252525BB%252525E6%25252595%25252585%252525E4%252525BA%2525258B-%252525E7%25252583%252525AD%252525E8%252525A1%25252580%252525E9%252525AB%25252598%252525E6%252525A0%252525A11~3%252525E7%25252599%252525BE%252525E5%252525BA%252525A6%252525E7%252525BD%25252591%252525E7%2525259B%25252598nvq0t-%252525E3%25252580%25252590%252525E2%2525259C%25252594%252525EF%252525B8%2525258F%252525E6%2525258E%252525A8%252525E8%2525258D%25252590BB76%252525C2%252525B7CC%252525E2%2525259C%25252594%252525EF%252525B8%2525258F%252525E3%25252580%25252591-%252525E5%25252585%252525AB%252525E4%252525B8%252525AA%252525E8%2525259D%252525B4%252525E8%2525259D%252525B6%252525E5%25252585%252525AC%252525E4%252525B8%252525BB%252525E6%25252595%25252585%252525E4%252525BA%2525258Bw2t0-%252525E7%25252583%252525AD%252525E8%252525A1%25252580%252525E9%252525AB%25252598%252525E6%252525A0%252525A11~3%252525E7%25252599%252525BE%252525E5%252525BA%252525A6%252525E7%252525BD%25252591%252525E7%2525259B%25252598yut6s-%252525E5%25252585%252525AB%252525E4%252525B8%252525AA%252525E8%2525259D%252525B4%252525E8%2525259D%252525B6%252525E5%25252585%252525AC%252525E4%252525B8%252525BB%252525E6%25252595%25252585%252525E4%252525BA%2525258B3oas/page/21.

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Correggere le frange di colore (color fringing)

Viene qui descritto il metodo per correggere le cosiddette frange di colore nelle immagini digitali.

Il difetto dell'aberrazione cromatica si manifesta molto frequentemente. Le aree ai bordi dell'immagine sono quelle più colpite, e il difetto è ben visibile nei margini dei particolari, come ad esempio foglie di alberi, spigoli di edifici, fili elettrici, etc. Ma anche le aree riflettenti o lucide non ne sono indenni. Il difetto si rivela in tutta la sua gravità ad un ingrandimento del 100% dell'immagine, e oltre.

E' possibile correggere le frange di colore in fase di lavorazione del file RAW, oppure ricorrere a filtri appositi (come ad es. Lens Correction in Photoshop o ChromAcute) o a procedure manuali, che a volte sono più efficaci.

Si prenda ad esempio la seguente immagine:

il riquadro mostra un'area riflettente che, ingrandita al 200%:

rivela un'incredibile aberrazione cromatica, sia nel campo del Magenta, sia in quello del Cyan, proprio in corrispondenza delle alte luci bruciate. In un caso così eclatante i filtri automatici sono poco efficaci, anche perchè questo caso va ben oltre i difetti comunemente presenti ai margini dei particolari al bordo. E' necessario ricorrere quindi ad un livello (layer) di correzione, direttamente in Photoshop.

Ecco la procedura.

1) Con l'immagine aperta in Photoshop, visualizzare il menu dei livelli (layer) e il pulsante di creazione di un livello di correzione, indicato dalla freccia con un cerchio per metà chiaro e per metà scuro:

2) Cliccandolo, si apre un menu a tendina con alcune opzioni. Selezionare Tinta/Saturazione (Hue/Saturation):

3) Si apre la seguente finestra di dialogo:

mentre nel pannello dei livelli viene creato il livello di correzione:

4) Nella finestra di dialogo selezioniamo Magenta nel menu a tendina:

e regoliamo il livello della saturazione su valori negativi, fino alla correzione dell'aberrazione che vogliamo raggiungere:

5) Selezioniamo poi il canale Cyan e interveniano sulla saturazione in modo analogo:

6) Una volta soddisfatti, premiamo OK. Accendendo e spegnendo il livello di correzione così generato, possiamo percepire visivamente l'effetto della correzione. A sinistra l'effetto della correzione, a destra l'immagine di partenza:

7) Esiste un'ultima operazione da compiere. La maschera di correzione dei canali Magenta e Cyan così generata è stata applicata a tutta l'immagine, e non solo alle aree problematiche. Questo significa che dobbiamo escludere dalla correzione le aree già corrette. Per fare questo, selezioniamo lo strumento Pennello:

e clicchiamo le aree corrette dell'immagine dotate di una colorazione Magenta e Cyan, in modo da escluderle dalla correzione che abbiamo imposto.


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Esempio di flusso di lavoro da RAW a JPEG

Quello che segue è un esempio di flusso di lavoro da RAW a JPEG che parte da Adobe Camera Raw e termina con Adobe Photoshop.

L'immagine di partenza è una macrofotografia sottoesposta di un Imenottero Criside (Hymenoptera Chrysididae) posato su un tronco:

L'insetto è fotografato ad un rapporto di ingrandimento di 1:1 con tempo di 1/320", diaframma F/8, sensibilità 200 ISO, flash anulare con sincro sui tempi veloci. La luce ambientale era data da sole del pomeriggio inoltrato, per cui la combinazione tempo veloce e diaframma chiuso ha portato alla sottoesposizione.

La prima cosa che tentiamo è un miglioramento in automatico dell'esposizione con Adobe Camera Raw, tramite il link "Auto" (a sinistra i parametri al momento dello scatto, a destra quelli regolati dal programma con la funzione "Auto"):

Il risultato, però, è la di sotto delle nostre aspettative, nonostante l'aumento dell'esposizione di +1.15 stop, il parallelo abbassamento della luminosità e l'aumento del contrasto:

Procediamo allora alla modifica manuale dei parametri di esposizione (a sinistra i parametri al momento dello scatto, a destra quelli modificati manualmente):

ottenendo un risultato soddisfacente:

Il ritaglio (crop) centrale dell'immagine visualizzato al 100% mostra meglio il risultato fin qui ottenuto:

A questo punto salviamo l'immagine come TIFF e la apriamo con Adobe Photoshop, avendo in mente due correzioni:

  1. livelli (Levels)
  2. ombre e alte luci (Shadow/Highlight).

La correzione dei livelli in automatico è sufficiente e dona all'immagine un'incisività e un'apertura migliori:

La correzione delle ombre e delle alte luci (Shadow/Highlight) consente di "aprire" le zone d'ombra (come su testa e zampe), migliora la trama del tronco e rende più brillanti i colori:

Maschio di Chrysis grohmanni krkiana su tronco. Bologna, 21/06/2009. Canon EOS 40D, Canon EF 100/2.8 USM Macro, Canon MR-14EX.

A questo punto siamo soddisfatti e salviamo l'immagine in formato PSD (per l'archiviazione) e in JPEG per una veloce preview o per il web.


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Il flusso di lavoro da RAW a JPEG

Il presente è il primo di alcuni argomenti dedicati alla fotografia digitale relativamente alle fasi di postproduzione, cioè successive alla ripresa.

Il nostro personalissimo - e non necessariamente rigoroso - flusso di lavoro in fase di produzione e di postproduzione comporta l'acquisizione delle immagini in formato RAW e la successiva elaborazione per il formato JPEG ad alta qualità. Dopodichè archiviamo i file RAW su hard disk esterni.

In commercio esiste un'ampia gamma di software per l'elaborazione delle immagini RAW, fra cui Bibble, Lightroom, etc. Dopo aver sperimentato qualcosa, le nostre preferenze - più sentimentali che motivate da solide ragioni tecniche - sono ricadute sui seguenti strumenti:

  1. Adobe Camera Raw (o, a seconda dei casi, Canon Digital Photo Professional);
  2. Adobe Photoshop, con qualche eventuale plug-in.

Rispetto ad altri tool, Camera Raw, che è un plug-in di Photoshop, tratta piuttosto bene il rumore di fondo, ha un'interfaccia semplice ed intuitiva, esporta in JPEG con tempistiche accettabili, registra su di un file XML le elaborazioni applicate. Ciò che potrebbe mancare al software è comunque compensabile con Photoshop in fase successiva.

Canon Digital Photo Professional (DPP) ci sembra preferibile a Camera Raw in alcune particolari circostanze, come ad es. per le macrofotografie con flash. Al momento, però, non abbiamo elementi sufficienti a motivare questa impressione adducendo delle prove qualitative o quantitative.

In ogni caso e qualunque sia il sistema usato, lo scopo ovvio è uno solo: acquisire le immagini alla massima qualità (RAW) e con la migliore esposizione possibile, per poi esportarle in formato leggibile (JPEG o TIFF) ed applicare le ultime correzioni per ottenere foto che siano belle.

 

Dal RAW al JPEG o al TIFF (Adobe Camera Raw)

Camera Raw ci piace anche perché consente di salvare il risultato delle operazioni effettuate in un file esterno al RAW stesso, con estensione XMP. Questo è un file XML che contiene i metadati associati all'immagine, mentre l'immagine originale rimane così inalterata.

L'interfaccia di Camera Raw comprende un menu superiore:

con i seguenti strumenti (da sinistra verso destra):

  1. Zoom
  2. Hand (per spostare l'immagine)
  3. White Balance, contagocce per il bilanciamento del bianco
  4. Color Sampler, contagocce per il prelievo di un colore
  5. Crop, per il ritaglio
  6. Straighten, per raddrizzare l'orizzonte
  7. Retouch, per ritoccare macchie
  8. Red Eye Removal, per rimuovere l'effetto "occhi rossi"
  9. Open preferences dialog, per cambiare le impostazioni
  10. Rotate, per ruotare di 90° in senso orario o antiorario.

Sulla destra compare un cruscotto piuttosto ricco di impostazioni.

Si parte con l'istogramma tonale dell'immagine, seguito da un sommario dei parametri di scatto (diaframma, tempo, ISO e obiettivo, cioè parte dei cosiddetti dati Exif) e da una serie di linguette grafiche, a cui corrispondono differenti quadri di comando.

L'istogramma va letto come la mappa della luminanza che va dalle ombre (shadows) a sinistra, ai toni medi (mid tones) al centro, alle alte luci (highlights) a destra.

L'istogramma illustrato corrisponde al seguente paesaggio autunnale:

in cui prevalgono le tonalità verso le ombre medie, mentre le alte luci sono poche e tendenti alla sovraesposizione ("toccano" il bordo all'estrema destra).

La prima linguetta è la Basic e contiene gli indici di uso più basilare:

  • White Balance, per la correzione del bilanciamento del bianco, tramite preset (As shot, Auto, Daylight, etc.), a cui corrispondono valori di Temperatura di colore e di Tinta. Può essere impostata su valori personali. Noi utilizziamo i preset del White Balance per correggere in modo veloce immagini scattate in condizioni di luce non standard.
  • Auto | Default: questi link attivano una correzione automatica dell'esposizione o la riportano allo stato originario. In alcune circostanze la correzione automatica può funzionare bene. Quando non è il caso di usarla, ricorriamo all'impostazione manuale degli indici successivi.
  • Exposure, per correggere l'esposizione in termini fi frazioni di stop, con un range totale di ±4 stop.
  • Recovery, per (tentare di) far emergere i dettagli dalle aree interessate dalle alte luci.
  • Fill Light, per "aprire" le zone d'ombra, quindi le tonalità comprese fra il centro e l'estrema sinistra dell'istogramma.
  • Blacks, per rendere più scure le zone in ombra, quelle cioé all'estrema sinistra nell'istogramma.
  • Brightness, per correggere la luminosità delle tonalità medie della scena.
  • Contrast, per correggere il contrasto.
  • Clarity,
  • Vibrance, per migliorare la saturazione dell'immagine, agendo sulle aree meno sature.
  • Saturation, per migliorare la saturazione dell'immagine nel suo complesso.

Le linguette successive contengono settaggi più fini, adatti a perfezionare le operazioni effettuate nella linguetta Basic:

  • Tone Curve (Curva di viraggio), per effettuare correzioni nelle zone che vanno delle alte luci alle ombre.
  • Detail (Dettagli), per regolare il livello di messa a fuoco (sharpening) e di riduzione del rumore (noise reduction) dell'immagine.
  • HSL/Grayscale (HSL/Scala di grigio), per avere il massimo controllo sui colori dell'immagine, potendo agire sui singoli canali dai rossi ai magenta per correggere i tre parametri fondamentali: Tinta (Hue), Saturazione (Saturation) e Luminanza (Luminance). La possibilità di intervenire sui singoli canali è data anche se si converte l'immagine in scala di grigi (grayscale).
  • Split Toning (Divisione toni), per colorare le immagini in scala di grigi o per applicare effetti speciali.
  • Lens Corrections (Correzioni lente), per correggere frange di colore (color fringing) e vignettatura dell'obiettivo.
  • Camera Profile (Calibrazione fotocamera), per precaricare un profilo specifico della fotocamera in uso. E' richiesto uno script (reperibile qui) e una tavola Macbeth per la calibrazione del colore. Maggiori dettagli possono essere reperiti qui.

Il nostro flusso di lavoro comporta quindi una serie di operazioni e di correzioni, dove necessarie:

  1. controllo al 100% per controllare la messa a fuoco dell'immagine;
  2. rotazione delle immagini acquisite in verticale;
  3. correzione di eventuali macchie derivanti da polvere sul sensore o sulle lenti;
  4. correzione della linea dell'orizzonte o delle linee verticali;
  5. correzione del bilanciamento del bianco, dove necessario;
  6. correzione dell'esposizione;
  7. correzione selettiva di alcuni canali di colore o di zone tonali;
  8. eventuale correzione dei difetti ottici (aberrazione cromatica, vignettatura, etc.).

seguite dall'esportazione delle immagini in un formato leggibile, JPEG o TIFF. Utilizziamo il formato non compresso TIFF quando sappiamo che dovremo passare le immagini anche in Photoshop per ulteriori correzioni. In tal modo riserviamo a quest'ultimo programma il passaggio finale al formato JPEG.


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Per citazioni

Agnoli G.L. (2025) Manuale di Fotografia di Chrysis.net - Risultati della ricerca , in: Chrysis.net website. Interim version 14 May 2025, URL: https://www.chrysis.net/it/search/%252525E7%25252583%252525AD%252525E8%252525A1%25252580%252525E9%252525AB%25252598%252525E6%252525A0%252525A11~3%252525E7%25252599%252525BE%252525E5%252525BA%252525A6%252525E7%252525BD%25252591%252525E7%2525259B%25252598-%252525E3%25252580%25252590%252525E2%2525259C%25252594%252525EF%252525B8%2525258F%252525E6%2525258E%252525A8%252525E8%2525258D%25252590BB76%252525C2%252525B7CC%252525E2%2525259C%25252594%252525EF%252525B8%2525258F%252525E3%25252580%25252591-%252525E5%25252585%252525AB%252525E4%252525B8%252525AA%252525E8%2525259D%252525B4%252525E8%2525259D%252525B6%252525E5%25252585%252525AC%252525E4%252525B8%252525BB%252525E6%25252595%25252585%252525E4%252525BA%2525258B-%252525E7%25252583%252525AD%252525E8%252525A1%25252580%252525E9%252525AB%25252598%252525E6%252525A0%252525A11~3%252525E7%25252599%252525BE%252525E5%252525BA%252525A6%252525E7%252525BD%25252591%252525E7%2525259B%25252598nvq0t-%252525E3%25252580%25252590%252525E2%2525259C%25252594%252525EF%252525B8%2525258F%252525E6%2525258E%252525A8%252525E8%2525258D%25252590BB76%252525C2%252525B7CC%252525E2%2525259C%25252594%252525EF%252525B8%2525258F%252525E3%25252580%25252591-%252525E5%25252585%252525AB%252525E4%252525B8%252525AA%252525E8%2525259D%252525B4%252525E8%2525259D%252525B6%252525E5%25252585%252525AC%252525E4%252525B8%252525BB%252525E6%25252595%25252585%252525E4%252525BA%2525258Bw2t0-%252525E7%25252583%252525AD%252525E8%252525A1%25252580%252525E9%252525AB%25252598%252525E6%252525A0%252525A11~3%252525E7%25252599%252525BE%252525E5%252525BA%252525A6%252525E7%252525BD%25252591%252525E7%2525259B%25252598yut6s-%252525E5%25252585%252525AB%252525E4%252525B8%252525AA%252525E8%2525259D%252525B4%252525E8%2525259D%252525B6%252525E5%25252585%252525AC%252525E4%252525B8%252525BB%252525E6%25252595%25252585%252525E4%252525BA%2525258B3oas/page/21.

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